Davvero. È stato bellissimo esserci. Esserci per ricordare un amico che non c’è più, esserci per poterlo fare insieme, esserci per accarezzare anche solo la piccola Anna, ultimo dei regali di Livio e simbolo della vita che va avanti.
È stata una festa, un party come da me scherzosamente ribattezzato. Sia chiara una cosa: io non ho fatto nulla. L’organizzazione è stata tutta degli amici del garage, della famiglia Neri, di Elena, che l’hanno fortemente voluto. Io ci ho messo solo il nome e qualche consiglio organizzativo tecnico (partite da 8’ fino alla finale, palloni U13). Nessuno mi deve ringraziare.
Saremmo partiti anche infortunati o malati e così è stato. Troppo importante ricordarci di Livio. Perché Livio fa parte di noi, c’è un po’ di lui in ogni cosa che facciamo. In un nostro gesto, in un nostro sorriso, in una nostra reazione c’è spesso un suo insegnamento, un suo consiglio, una sua frecciatina.
Ma anziché farlo ognuno per conto nostro, ieri lo abbiamo fatto tutti insieme. Gli amici di Livio, i ragazzi di Livio, il palazzetto di Livio, dove lo avevamo salutato l’ultima volta.
Non è stata una giornata facile, troppe le emozioni, i ricordi, anche la tensione se così si vuole chiamare. C’erano le squadre dove aveva allenato (che a farlo apposta sono proprio 4, giuste per un quadrangolare), c’erano i ragazzi che ha allenato, c’erano gli allenatori che lo avevano accompagnato una vita in palestra. E c’erano gli amici del garage, i familiari, gli amici, i conoscenti e gli amici degli amici. Perché io un PalaLivio (sì, per me sarà sempre il PalaLivio, anche se non è ancora ufficiale) così pieno non me lo ricordavo (a parte quel venerdì…). Stracolmo di persone che volevano bene al nostro amico. E noi, ultimi arrivati nella sua avventura cestistica, ma primi nel suo cuore, statene certi, presenti e orgogliosi di esserci.
Ieri di tecnico in campo non c’era niente. Non aspettatevi un commento tecnico. Per come vi ho visto dopo la proiezione del primo video, è già stato un successo trovare la forza per togliersi la sopramaglia e andare in campo.
Perché, cari ragazzi, le emozioni fanno parte della vita e dobbiamo imparare a gestirle. Ieri siamo diventati un po’ più uomini, siamo cresciuti. Non è stato facile per nessuno, lo so, e già il fatto che ci abbiate provato mi lusinga. Emotivamente eravamo i più coinvolti e si vedeva. Non a caso delle squadre scese in campo ieri ce ne erano due nel video finale: noi e i 96 del Basket Ravenna, forse, anzi senza forse, le creature che Livio ha amato di più.
E questo ci deve rendere orgogliosi. Come ci deve rendere orgogliosi che Rimini ci abbia onorato della sua presenza, rinforzata e con i migliori 12 a disposizione, regalo che ha fatto a noi. Poi ne abbiamo prese 60 e ci sta, ma devo dire che un segno di rispetto più grande non lo potevamo ricevere.
Io devo chiedere scusa a tutti: alla fine della proiezione del secondo video non mi sono nemmeno reso conto che c’era in atto una standing ovation, ero perso, seduto in un palazzetto in piedi, nei miei pensieri, nei miei ricordi e nelle mie lacrime. Non era una mancanza di rispetto, ma ero proprio “perso”, perso nel dolore per una vicenda assurda che ancora non mi so spiegare ed accettare.
Detto questo, non mi scorderò mai l’episodio successivo: Tommaso Bartocci, classe 97, che mi viene incontro mi dà tre pacche sulla spalla e mi dice: “Coraggio!”. Tommy, non sai che bene mi hai fatto in quel momento.
Grazie a tutti, ma soprattutto grazie a Livio.
Serva jugum!